Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« AQUILAISTITUZIONE o SPIRITUALITA'? »

Non è stato tanto tempo fa, in una galassia lontana...

 

 

 

A long time ago, in a galaxy far, far away... 

(Star Wars, 1977)

 

René Magritte, Giovinezza

 

 

 

Da almeno un decennio si mormora che i quarant’anni di oggi siano i 20 di ieri.

Io non credo sia proprio questo il rapporto matematico (e sinceramente inorridisco proprio per il contrario, vedendo giovani adulti ridotti invece a cartocci neppure un po’ paragonabili ai pensionati tra i più stanchi degli anni sessanta!) ma, volendo comunque e con ogni forza far rientrare questi precoci vecchietti nella categoria, seppure troppo popolata, delle sole eccezioni, penso che si possa, invece, e con un accettabile margine di realismo affermare che i quaranta di oggi siano quanto meno i trenta di ieri e così via, togliendo e regalando per ogni età una decina di anni…

Quando mi si dice con stupore “hai 40 anni? ma scherzi…sembri una ragazzina (bla-bla-bla) te ne andavo almeno 15 in meno... et cetera”, io onestamente non so che dire; ma certo non lo considero un vanto per la nostra generazione nata con il sottofondo dei Led Zeppelin e cullata dal ritrarsi dell’onda luminosa di Syd Barrett.

Non è una cosa che vorrei sentire per coloro che sono venuti alla luce di questo strano mondo non molto tempo fa…in una galassia lontana, lontana…ma alla fine solamente quando Patti Smith pubblicava il suo primo album, De Gregori cantava Rimmel e quando Gabriel Garcia Màrquez interrompeva il suo lavoro di scrittore per dedicarsi, di nuovo, all'attività di giornalismo per far conoscere al mondo il colpo di stato in Cile di Pinochet e l'uccisione di Salvador Allende… Quindi, signore e signori della giuria…vi informo che chiunque sia nato negli anni in cui la Merini scrisse i testi più sconvolgenti sulla sua esperienza nell’ospedale psichiatrico e Gina Pane creava un linguaggio fatto di gesti radicali per pensare all’arte in modo tutto nuovo facendo del suo corpo il materiale e l’oggetto del suo discorso in un triplice richiamo al senso, allo spirito ed alla materia…non è che “sembri” giovane; ma è giovane!

E non ci sono, e non voglio sentire altri cazz...

Chi “sembra” giovane a quarant’anni sembra il giusto, è chi, al contrario, che non lo sembra... ad essere decisamente in anticipo sull’età…

Pertanto, ritrovando corrispondenza in quel che scriveva la Fallaci in Se il sole muore, voglio mantenere il medesimo assetto del suo discorso cambiando solo un numero…ed inserendo un 4 laddove lei ha scritto un 3

 

Come lei, quindi, vi scrivo:

 

Io mi diverto ad avere 40 anni, io me li bevo come un liquore i 40 anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Sono stupendi i 40 anni, ed anche i quarantuno, i quarantadue, i quarantatré, i quarantaquattro, i quarantacinque!

Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l'angoscia dell'attesa e non è incominciata la malinconia del declino e perché siamo lucidi, finalmente, a 40 anni!

Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna.

E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti.

Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile.

Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c'è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell'olio santo.

Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a 40 anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po' ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna.

Ed allora… com'è che in voi non è così? Com'è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v'hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui.

Svegliatevi dunque, smettetela d'essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate.



                  Prendete a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro...




 

 

 

 
 
 
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